mercoledì 9 settembre 2009

Depressione: abuso


Si parla sempre più spesso di depressione. Un termine forse troppo abusato per giustificare gesti estremi inspiegabili.
Dal punto di vista medico la depressione viene definita come una patologia dell'umore, riconoscibile da alcuni sintomi comportamentali, affettivi che possono influire sull'umore della persona, compromettendo la capacità di un individuo di adattarsi alla vita sociale.
In una notizia apparsa il 26 agosto su repubblica.it, si legge che una ragazza madre uccide suo figlio e poi sè stessa. La motivazione data dalla dirigente della sezione omicidi della squadra mobile di Genova è quella che si tratterebbe del 'solito' caso di depressione post parto. Forse con questa frase si vuole fugare qualsiasi dubbio sul motivo per cui una donna ha preferito interrompere la sua vita e quella di un bambino portato con tanti timori per nove mesi nel grembo.
Quello che i commentatori di questa vicenda sembrano aver trascurato è che in una società basata sulla comunicazione, sembra che questa sia stata messa al bando nei rapporti interpersonali. Oggi non è più così semplice parlare direttamente e aprirsi o fare aprire le persone, per cui spesso la solitudine prende il sopravvento. Nella solitudine molti sviluppano la convinzione che prima il mondo esterno e poi anche gli affetti più vicini siano insensibili ai pensieri più profondi: pensieri che si accavallano e diventono montagne invalicabili.
Quanto si desidererebbe che qualcuno porgesse la mano e indicasse la via di uscita, ma spesso non arriva e si rimane da soli e a questo punto il peso aumenta così tanto da annientare qualsiasi speranza di uscita e non resta che farla finita, in quel gesto estremo che vuole raccontare lo sconforto di una vita che si sarebbe voluto diversa, forse con più amore e comprensione.